I viaggi che non avresti fatto
L'antico cammino
della Via Appia
Via dell'Appia: tra Storia e Natura
Stormi di pappagalli in libertà
Nel territorio del Parco dell’Appia si possono ammirare gli stormi di pappagalli in libertà probabilmente più consistenti d’Europa. Qui si tratta prevalentemente di parrocchetti monaci (Myiopsitta monachus), una specie originaria del Sud America. Le dimensioni sono simili a quelle del più noto parrocchetto dal collare, osservato a Roma già alla fine degli anni ’70. Se ne distingue facilmente per avere la fronte, le guance e il petto grigio chiaro. Da allora il numero di entrambe le specie è costantemente cresciuto e i parrocchetti sono una presenza stabile in molte regioni italiane. Nell’area dell’Appia antica la prima nidificazione fu segnalata nel 2002. E’ frequente osservare questi chiassosi uccelli mentre si cibano di semi di cardi e di altre essenze nelle radure della Caffarella.
Itinerario ciclistico-pedonale
L’area degli Acquedotti è uno dei grandi temi archeologici romani. Purtroppo non esiste una soddisfacente continuità con l’Appia Antica. Tuttavia i blogger di Life-in-Travel (www.lifeintravel.it) hanno ideato un itinerario ciclabile, che parte dal quartiere Quadraro, e più precisamente dal B&B Martini Bed (www.martinibed.com). Tra l’altro Martini Bed, nel cui cortile c’è un’incredibile mini foresta tropicale, è un buon punto di partenza anche per chi va a piedi. Da qui si attraversa Piazza del Quadraretto per poi svoltare in via del Quadraretto fino alla ciclopedonale che oltrepassa la ferrovia. Girando a sinistra si entra nel parco di Torre del Fiscale, un’area verde molto interessante, dove però ci sono spazi degradati, con quei transennamenti provvisori tipici di troppi monumenti italiani, “lavori in corso” che forse mai sono iniziati e che forse mai finiranno. Da Tor Fiscale uno sterrato conduce all’area acquedotti senza mai mettere in pericolo ciclisti e pedoni. Anche qui è facile rivivere le emozioni dei vedutisti dell’800 che hanno ritratto in così tante occasioni le greggi nella campagna romana all’ombra dei grandi acquedotti. Un gregge di pecore del Parco staziona infatti in permanenza nei 240 ettari dell’area. Sull’itinerario ciclistico-pedonale superiamo il Fosso del- l’acqua Mariana, un condotto artificiale realizzato nel 1122 da papa Cal- listo II, così importante da attribuire il nome a tutti i canali di Roma, le marrane. Dopo aver oltrepassato un’arcata dell’acquedotto Claudio, il percorso costeggia un campo da golf uscendo sull’asfalto. Questo breve tratto urbano, permette, infine, di congiungersi con l’Appia Antica.
Il libro dei sogni
Un pezzo di storia salvato dall’abusivismo
Il Parco regionale dell’Appia Antica è la realizzazione di un sogno, quello di Antonio Cederna, che ha segnalato per anni la perdita inestimabile di valore che sarebbe derivata dal lasciare questa fetta di Ro- ma in preda a palazzinari e speculatori di ogni risma. Gli scritti di Cederna hanno aperto gli occhi a tutti sugli appetiti malsani cui era soggetto questo cuneo di verde e di storia che dal centro di Roma si apre verso i Colli Albani. E sui danni che erano già stati perpetrati, dalla costruzione di case e appartamenti dentro e sopra i monumenti, al furto di marmi e statue, allo sfregio del paesaggio. Dopo anni di battaglie culturali questa zona è stata finalmente protetta e sottratta per sempre agli interessi speculativi e all’abusivismo, anche se l’attenzione deve essere sempre mantenuta alta e ancora oggi tocca intervenire e denunciare. Ma per fortuna questo è uno dei rari parchi benvoluti dai cittadini: qui non c’è frattura tra difesa del patrimonio culturale, anche a carattere ambientale, e attività ricreative della popolazione. Ogni fine settimana il Parco organizza attività culturali e visite guidate, dalle semplici passeggiate agli orti urbani, ai tour archeologici allo scopo di far comprendere uno dei valori fondamentali dell’appia Antica, il contesto. Qui non si tratta solo di monumenti (in ultima analisi la vera meta di turisti e visitatori), ma di paesaggi unici in cui le rovine sono inserite nell’ambiente della Campagna Romana, un contestofatto di opus e pini, di basiliche e pecore, di vulcani e laghetti, di volpi e orchidee.
Nonostante il traffico veicolare offensivo, che il Parco da sempre chiede di limitare e irreggimentare, l’Appia Antica è ancora il luogo dove il paesaggio stimola il pensiero. Non è raro incontrare violinisti che suonano sotto gli alberi della Valle della Caffarella e artisti di strada che si esercitano vicino gli acquedotti romani, insieme a chi passeggia, chi va in bicicletta, chi corre e chi chiacchiera. Tutti accomunati da un grande amore per il contesto ambientale, amore che si traduce in profonde meditazioni come nell’acquisto di verdura, formaggio e miele prodotti all’interno dei 3.600 ettari di Parco. Da qualche anno lungo l’Appia Antica sono tornate le lucciole, ed è uno spettacolo vederle sciamare attorno ai visitatori che di notte ascoltano conferenze e si aggirano sul basolato di 2.300 anni fa dell’autostrada più antica del mondo. Qui al parco dell’Appia Antica abbiamo un sogno, un sogno che nasce dal collegare l’area archeologica dei Fori con quella del Parco dei Colli Albani: che i turisti e i viaggiatori di domani inizino il loro viaggio a Roma proprio da questa via, come accadeva a chi risaliva la penisola al tempo del Grand Tour dei secoli passati. Che scesi dall’aereo a Ciampino o dal treno a Tiburtina non prendano l’auto, ma arrivino all’Appia con i mezzi pubblici e qui si spostino in bicicletta o a piedi, trovino aree di ristoro e magari anche un posto per dormire e arrivino poi in città dopo aver respirato un’idea di bello che li abbia arricchiti per sempre. Perché questo è il Parco della grande bellezza e della qualità della vita. Tutti i giorni e sotto casa.
Il mio percorso nella via Appia
Ho visitato l’Appia Antica quasi casualmente, perché avevo due giorni “vuoti” a disposizione a Roma. Due giorni: tanti per il turista medio, eppure insufficienti per un’area così ricca di reperti archeologici e naturalistici. Ci vuol tempo per assorbirne l’atmosfera, non parliamo poi di coglierne l’essenza, il tono, con immagini statiche. Eppure l’Appia Antica ha una personalità tale da riuscire ad imporre, diciamo così, le sue inquadrature al fotografo, facilitandogli il compito.